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Quando il nostro scopo è la prevenzione di una patologia o la modulazione di un sistema, è necessario iniziare il trattamento con il giusto anticipo, dando all’organismo il tempo di adattarsi e di mettere in atto le dovute risposte. Prepararsi a fronteggiare l’inverno, però, non sempre è sufficiente, se non si dispone di difese performanti già durante la mezza stagione, sempre più caratterizzata da temperature che oscillano tra alti e bassi e bruschi cambiamenti climatici. Tutto questo richiede al nostro corpo continui adattamenti e regolazioni, con conseguente dispendio di risorse e di energie.

Il freddo è uno degli agenti “stressanti” più comuni. Può essere considerato alla stregua di uno stress
in quanto costringe l’organismo ad alzare il proprio livello di performance, proprio come un esame o
un periodo più impegnativo di lavoro. Per tutta la durata dell’esposizione allo stress, l’organismo
risponde attivando gli ormoni stress-correlati e innescando meccanismi “di sopravvivenza”.
Terminata la fase di performance il sistema va in recupero per ripristinare quello che è stato
consumato nella fase precedente, ma per farlo dovrà avviare un processo infiammatorio, che sarà
più o meno intenso, proporzionalmente allo stress iniziale. Tanto più forte sarà stato lo stress, tanto
più violenta sarà l’infiammazione. E allo stesso modo , tanto più duraturo sarà stato lo stress,
altrettanto lo sarà la fase infiammatoria. Cosa comporta in questo frangente ricorrere all’uso di
farmaci antinfiammatori? Ciò che apparentemente potrebbe sembrare la soluzione del problema in

realtà si rivela una trappola. Spegnere il processo infiammatorio mette a tacere i sintomi, ma
impedisce al tessuto di completare il recupero, rendendolo più suscettibile ad ulteriori lesioni e
costringendo l’organismo a ripetere successivamente il processo infiammatorio nell’intento di
completarlo ( ecco il perché delle recidive ).
Ricordiamo inoltre che parallelamente all’infiammazione potranno svilupparsi sovrainfezioni virali o
batteriche, favorite dal ristagno di liquidi e di sostanze ad azione trofica nel tessuto interessato.
È ormai chiaro che preservare il benessere di una persona non significa semplicemente non farla
ammalare, ma garantire al suo organismo un equilibrio funzionale, molto più facile da mantenere che da ripristinare.

Ultimi spunti di riflessione sull’argomento
Il crescente e smodato uso di antibiotici sta creando grande preoccupazione a causa
dell’instaurarsi della resistenza. I batteri diventano sempre più refrattari all’effetto dei farmaci ,
provocando così infezioni difficili da debellare. L’Italia nella fattispecie detiene il primato a livello
europeo per numero di decessi dovuti ad antibiotico-resistenza. Si stima che ogni anno siano
10mila i morti per questo motivo e che per il 2050 le infezioni batteriche saranno la principale
causa di decesso. Paradossalmente anche chi non ha mai assunto antibiotici corre il rischio di
contrarre infezioni da batteri resistenti.
Allo stesso modo i vaccini antinfluenzali ogni anno ottengono una percentuale di insuccessi più o
meno alta ( stimata intorno al 35% ). Chiediamoci il perché. Come fa un vaccino creato con mesi di
anticipo ad offrire copertura nei confronti di virus soggetti a mutazioni?

A cosa servono gli anticorpi se non sono specifici per il nemico che si sta combattendo? Senza dimenticare che non tutte le patologie invernali con tropismo per le vie respiratorie vengono schermate dal vaccino

( otiti, tracheiti, tonsilliti ).
Ancora una conferma che la strategia vincente non potrà mai provenire dall’esterno, ma dovrà
stimolare sapientemente le nostre risorse innate.

Dott. Stefano Moneta

DIFESE IMMUNITARIE: PERCHÉ ADESSO?

Quando il nostro scopo è la prevenzione di una patologia o la modulazione di un sistema, è necessario iniziare il trattamento con il giusto anticipo, dando all’organismo il tempo di adattarsi e di mettere in atto le dovute risposte. Prepararsi a fronteggiare l’inverno, però, non sempre è sufficiente, se non si dispone di difese performanti già durante la mezza stagione, sempre più caratterizzata da temperature che oscillano tra alti e bassi e bruschi cambiamenti climatici. Tutto questo richiede al nostro corpo continui adattamenti e regolazioni, con conseguente dispendio di risorse e di energie.

Il freddo è uno degli agenti “stressanti” più comuni. Può essere considerato alla stregua di uno stress
in quanto costringe l’organismo ad alzare il proprio livello di performance, proprio come un esame o
un periodo più impegnativo di lavoro. Per tutta la durata dell’esposizione allo stress, l’organismo
risponde attivando gli ormoni stress-correlati e innescando meccanismi “di sopravvivenza”.
Terminata la fase di performance il sistema va in recupero per ripristinare quello che è stato
consumato nella fase precedente, ma per farlo dovrà avviare un processo infiammatorio, che sarà più o meno intenso, proporzionalmente allo stress iniziale. Tanto più forte sarà stato lo stress, tanto più violenta sarà l’infiammazione. E allo stesso modo , tanto più duraturo sarà stato lo stress, altrettanto lo sarà la fase infiammatoria. Cosa comporta in questo frangente ricorrere all’uso di farmaci antinfiammatori? Ciò che apparentemente potrebbe sembrare la soluzione del problema in realtà si rivela una trappola. Spegnere il processo infiammatorio mette a tacere i sintomi, ma impedisce al tessuto di completare il recupero, rendendolo più suscettibile ad ulteriori lesioni e costringendo l’organismo a ripetere successivamente il processo infiammatorio nell’intento di completarlo ( ecco il perché delle recidive ).
Ricordiamo inoltre che parallelamente all’infiammazione potranno svilupparsi sovrainfezioni virali o
batteriche, favorite dal ristagno di liquidi e di sostanze ad azione trofica nel tessuto interessato.
È ormai chiaro che preservare il benessere di una persona non significa semplicemente non farla ammalare, ma garantire al suo organismo un equilibrio funzionale, molto più facile da mantenere che da ripristinare.

Ultimi spunti di riflessione sull’argomento
Il crescente e smodato uso di antibiotici sta creando grande preoccupazione a causa
dell’instaurarsi della resistenza. I batteri diventano sempre più refrattari all’effetto dei farmaci ,
provocando così infezioni difficili da debellare. L’Italia nella fattispecie detiene il primato a livello
europeo per numero di decessi dovuti ad antibiotico-resistenza. Si stima che ogni anno siano
10mila i morti per questo motivo e che per il 2050 le infezioni batteriche saranno la principale
causa di decesso. Paradossalmente anche chi non ha mai assunto antibiotici corre il rischio di
contrarre infezioni da batteri resistenti.
Allo stesso modo i vaccini antinfluenzali ogni anno ottengono una percentuale di insuccessi più o
meno alta ( stimata intorno al 35% ). Chiediamoci il perché. Come fa un vaccino creato con mesi di
anticipo ad offrire copertura nei confronti di virus soggetti a mutazioni?

A cosa servono gli anticorpi se non sono specifici per il nemico che si sta combattendo? Senza dimenticare che non tutte le patologie invernali con tropismo per le vie respiratorie vengono schermate dal vaccino

( otiti, tracheiti, tonsilliti ).
Ancora una conferma che la strategia vincente non potrà mai provenire dall’esterno, ma dovrà
stimolare sapientemente le nostre risorse innate.

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